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È accaduto che venisse scritto ciò…



È
 accaduto che venisse scritto ciò…

Ascoltate con dolcezza, giudicate con bontà…”
La conoscenza è necessaria per disfarsi dell’ignoranza…
ma la realtà che siamo a nostra insaputa è molto aldilà di entrambe”

Speranze, desideri, brame, aspettative… questo è ciò che traspare dai vostri sguardi, dai movimenti meccanici di uno scomodo corpo seduto su di una scomoda sedia. Sedete davanti a me, pronti ad acchetare il vostro brusio al mio primo battere di mani. Impossibilitati a rendere quieta la vostra mente che continua a girovagare per la stanza ed altrove, quantunque io abbia già iniziato a parlarvi.
Cosa vi porta qui tutte le sere? Dov’è racchiusa in voi la sorgente dell’anelito che vi spinge a sospendere per un pugno di minuti i vostri rituali domestici ed a ritirarvi qui, in reverente ascolto, ammantati di un soffice aroma di incenso?
Io vi conosco, da sempre, uno per uno. Io vi conosco. Conosco coloro che sono giunti qui la prima volta anni or sono; conosco coloro che timidamente mi ascoltano in silenzio per la prima volta. Così come conosco chi si è seduto una sola volta in questa stanza, per non farvi mai più ritorno. Io vi conosco, potendo affermare con certezza che nessuno di voi è diverso dal compagno che gli siede accanto, nessuno di voi è diverso da chi vi sta parlando.
Mi ascoltate, annuendo con lo sguardo ed un leggero reclinare della testa. E mentre vi parlo vi state domandando perché siete qui anche stasera: è interessante – vi dite – mi piace sentir parlare di queste cose…Vorreste sapere di più, lo so. Tutto e subito, perché così vuole la mente. Mente avida di conoscenza; mente che in questo istante è arsa dalla sete di dare una risposta alle recondite domande seppellite nell’inconscio più profondo, ma che tra un’ora avrà già dimenticate, per rivolgersi altrove. Domande che non potranno mai emergere dagli abissi fin su alla superficie dell’intelletto, perché quella forza mentale che ora le osserva adagiate sul fondale dell’esistenza è essa stessa la zavorra che le relega in quelle profondità, tanto lontane dal pensiero quotidiano quanto incredibilmente vicine a Dio.

A chi posso parlare? Chi c’è, realmente, seduto qui ad ascoltarmi?

Io vi conosco. Conosco la sorgente dell’energia che forgia il vostro ego. Conosco la sua menzogna, la sua scaltrezza, il suo divagare.  Con quale arma potrei mai scalfire le incrostazioni che soffocano la vostra lucente maestosità divina? Potrei dirvi la verità, ma sareste pronti ad ascoltarla, a comprenderla, ad inchinarvi a Lei? Se fossi in grado di parlare direttamente alla vostra Coscienza, sono certo che Ella mi ascolterebbe e senza indugio comprenderebbe all’istante ciò che è vero. Ma il vostro scudo ha mille strati di impenetrabile acciaio e mille guitti pronti a canzonare le mie parole, travisandone il senso. Le mie armi, per quanto siano state rese splendidamente affilate dal Divino, non possono scalfire la vostra corazza perché così vuole la legge: per assaporare il risveglio occorre prima aver dormito profondamente e a sufficienza. Qualunque melodia suoni la sveglia, comporterà comunque l’interruzione brusca e artificiale di un sonno che era naturalmente destinato a continuare! Compito mio sarà dunque il prepararvi ad un lento e graduale risveglio. Come il restauratore accorto usa con attenzione il bisturi che rimuove le muffe dall’affresco, così dovrò riuscire a far lentamente breccia nella gabbia mentale che tiene prigioniera la Fonte interna della Verità.
Non oso dirvi quanto sia incredibilmente semplice liberarsi dal giogo che vi opprime. Quanto possa essere immediato svestirsi dei vostri logori panni di mendicante per indossare il vostro vero Essere e riportare meritato sfarzo alle vostre nobili esistenze. Quanti di voi potrebbero capire, se vi dicessi che non siete nulla di ciò che immaginate di essere? Che la mente non è il vero “Voi Stessi” ma solo il raffinato strumento grazie al quale la Coscienza può percepire l’universo fenomenico? Vi ho insegnato ad immaginare la Coscienza come una sfera di cristallo nascosta in qualche anfratto di voi stessi… Come potrei mai dirvi che la Coscienza è tutto ciò che realmente “È”, mentre la mente, il corpo, l’universo stesso, non sono altro che il sogno dell’Assoluto?
Lo so, neppure questa è vera Verità, ma già mi è difficile destare in voi l’osservazione del guizzare bizzarro della mente… figuriamoci poi se vi dicessi che non vi è vita come non vi è morte, che pure la Coscienza è solo Una, che ciò che appare, invero, non esiste!
Vi siete identificati con il corpo. La mente soggettiva vi rafforza nella convinzione di essere individui scissi da tutto ciò che vi è d’intorno... Non siete niente di tutto ciò! In realtà, non siete niente, ma siete Tutto! Dovrete comprenderlo da soli. La conoscenza e l’ignoranza sono solo due opposti interdipendenti: sovrapponeteli e si annichileranno a vicenda, lasciando trasparire dal velo di Maya ciò che realmente siete, ciò che siete sempre stati, ciò che non sarete mai, perché Tutto è Nulla e Nulla è Tutto! Come sopra così sotto, come dentro così fuori….

Dunque, ignorerò la vostra mente e parlerò solo alla vostra Coscienza: la Coscienza Una che parla alla Coscienza Una, anche se dovessi rimanere qui, da solo, a parlare davanti a sedie vuote. In Realtà, queste sedie che sembrano essere da voi occupate, sono già vuote, lo sono da sempre e lo saranno per sempre!

                                                                                                                                                         Jader


"LA VERITA' DEFINITIVA" - Ramesh Balsekar

"LA VERITA' DEFINITIVA" - Ramesh Balsekar
estratti




Quando nella coscienza sorge la consapevolezza assieme al pensiero 'io sono', sorgono simultaneamente e spontaneamente gli elementi puri (tanmatra) e i sensi (che in realtà sono il puro vuoto della pienezza totale). Poi, l'esperienza dei cinque elementi e delle cinque sfere sensoriali provoca l'identificazione della coscienza universale con il senso dell'io. L'illuminazione porterà invece la disidentificazione dalle esperienze sensoriali e quindi la libertà dall'illusoria sofferenza mentale.



In realtà nella coscienza infinita non c'è né l'intenzione dell'energia cosmica di esprimere se stessa né alcun velo dell'illusione, La manifestazione dell'universo è semplicemente l'espressione oggettivata dell'Assoluto soggettivo in cui, essendo il Soggetto, non c'è la minima traccia di oggettività.

L'infinita coscienza universale si identifica nella forma individuale in quanto coscienza personale; dopo di che, questa coscienza personale si mette alla ricerca della sua sorgente, della sua vera natura!

La comprensione della verità comporta la presa di coscienza che l'ignoranza non è una realtà, ma un'illusione. Nella coscienza non c'è nessuna divisione, nessuna separazione, che possa essere definita `mondo' o 'creazione'. Tale creazione illusoria emerge dal nulla e alla fine si dissolve nel nulla. La sua vera natura è vuota e quindi inesistente. Questa è la verità: ciò che non esisteva all'inizio non esisterà alla fine, e non esiste nemmeno ora. Ecco la verità. L'apparente manifestazione è come un sogno, e l'unica realtà in cui la manifestazione appare e scompare è la coscienza infinita. Nessuno nasce, nessuno vive, nessuno muore: questa è la verità. L'idea che la coscienza appare sotto forma di universo, così come la corda che appare sotto forma di serpente, serve solo a intrattenere gli ignoranti e gli ingenui.

L'illuminato è continuamente radicato nella verità immutabile, nella consapevolezza diretta che non c'è nient'altro che il Sé. Una volta perse le qualità della mente, ne prendono il posto gli elementi essenziali dell'infinito; quando la mente sgombra il campo, subentra la coscienza pura. La creazione esiste finché esistono il pensiero e la concettualizzazione.

É grazie alla percezione, cioè all'aspetto soggettivo della manifestazione insita nella coscienza, che l'essere umano si considera un'entità separata, autonoma e indipendente, dotata di libertà di scelta e di azione. Questo errore nasce dal fatto che egli dimentica che l'aspetto oggettuale, percepito, della sua stessa apparenza fa parte della totalità della manifestazione. Benché possa sembrare il contrario, l'essere umano, come tutti gli esseri senzienti, oggettivamente non è altro che un fantasma, una figura di sogno, mossa esattamente come i burattini di un burattinaio. Tutto ciò che l'essere umano fa è concettualizzare creando immagini e interpretazioni illusorie per mezzo di quel meccanismo psicosomatico che è il corpo. Qualunque 'esistenza' fenomenica è ipotetica. Qualunque azione è immaginata, sognata, da un sognatore che non ha nulla di oggettivo, e quindi dalla coscienza in qualità di soggetto. Tutto ciò che è percepibile in termini di oggetto è un sogno, una fantasia del vivere. “Noi” siamo le figure sognate, gli oggetti fenomenici del sogno vivente del soggetto che sogna: la coscienza che, in quanto tale, è anch'essa un concetto. La chiara e profonda comprensione di questa situazione è il risveglio, l'illuminazione.

Non è troppo difficile capire con l'intelletto che fondamentalmente noi siamo la sostanza immanente, e non l'ombra tormentata e fugace, ma è davvero raro avere la totalità di questa comprensione in modo intuitivo. Il motivo è che la comprensione non è accettata in quanto tale, ma deve avere l'aggiunta di un 'colui che'. Un verbo non viene accettato senza un soggetto e un evento deve avere un protagonista individuale. In termini leggermente diversi: il carattere illusorio di ogni cosa nell'universo può essere compreso e accettato, salvo la natura illusoria di 'colui che' lo comprende e lo accetta! È quasi impossibile accettare il totale annientamento di un'identità che è stata fabbricata da un continuo condizionamento.

Anche il grande detto (mahàvàkya) `tu sei Quello' è rivolto a un 'tu'. È come se l'individuo non potesse dimenticare di essere un individuo, anche se gli viene ripetuto in continuazione che non esiste nessun individuo come entità autonoma e indipendente!

Nella creazione non c'è nessuna reale varietà o molteplicità. La varietà è un'apparenza nella coscienza, che si basa sulle idee che si formano in una determinata coscienza individuale nel corso dell'evoluzione (o, se preferite, involuzione). I concetti si compenetrano mediante infinite combinazioni e permutazioni, e grazie a queste diversificazioni si produce una varietà infinita. Ma la molteplicità è soltanto apparente nell'infinita coscienza universale. Ogni azione compiuta in qualunque momento da tutti gli organismi composti di corpo e mente produce determinate reazioni nel futuro, che si rifletteranno nelle azioni compiute da nuovi organismi individuali. Queste produrranno a loro volta altri risultati, perpetuando così il ciclo di causa ed effetto attraverso la creazione di nuovi personaggi nella commedia infinita della vita e del vivere in questo mondo. L'evoluzione produce tutta una sequenza di 'vite' che progrediscono in direzione del fenomeno supremo chiamato 'illuminazione', stato in cui non c'è insoddisfazione per una qualunque passata aspettativa e non si crea nessuna nuova aspettativa intenzionale. Ma in questo processo evolutivo, che muove da un senso di insoddisfazione per i piaceri materiali e sensoriali, passando per l'imparzialità e l'indagine sul Sé e culminando nella totale abdicazione e rinuncia alla volontà e all'identificazione (significato ultimo dell'illuminazione), non è coinvolta nessuna entità individuale. Non è un'entità individuale che nasce e rinasce: tutto ciò che avviene è un progresso graduale nell'arco di molte vite, che tuttavia non riguarda una particolare entità, verso la definitiva disidentificazione della coscienza universale dalla particolare forma fisica in cui si è identificata come coscienza personale, o mente. La schiavitù del presunto individuo appare a causa di un'errata identificazione. Ciò che siamo è la coscienza vivificante, il noumeno; ciò che pensiamo di essere è l'oggetto fenomenico in cui la coscienza vivificante infonde la facoltà di sentire.

L'esperienza, essendo concettuale, avviene sempre nell'ambito del tempo. Nel momento presente, ora, non c'è nessuna catena orizzontale di momenti successivi che creano una durata. Ora non c'è né 'io' né 'esperienza'. È essenziale distinguere tra l'esperienza e il fare esperienza. Un 'sé', che si considera autonomo, che vive e muore, fa parte della fantasia del tempo.

Pensare e sentire, se non interpretati come pensieri ed emozioni da un io individuale, sono impersonali e non oggettuali. Non essendo sperimentati da un qualcuno, essi sono l'esperire stesso, che è tutto ciò che noi possiamo essere.

Non esistiamo in quanto entità consce e razionali, ma non possiamo neppure non esistere, perché l'assenza di un'esistenza certa comporta anche l'assenza del suo contrario interrelato. Ciò che siamo è il percepire senza un io che percepisce. Ciò che siamo, ciò che sono, non può essere conscio o consapevole, perché è coscienza o consapevolezza. È impossibile essere coscienti della coscienza, consapevoli della consapevolezza.

E' assiomatico, benché raramente accettato, che nessun oggetto può essere reale (in quanto privo di natura propria o di 'essere' proprio) e quindi che noi non esistiamo. Un essere senziente è una mera immagine mentale, un'apparenza percepita e concepita dal 'soggetto' di ogni singola oggettivazione. Non siamo noi che percepiamo e concepiamo, perché non esiste un `noi'. 'Noi' e 'loro' ci percepiamo, ci concepiamo e ci interpretiamo reciprocamente. Ciò significa ovviamente che deve esserci un'unica fonte di percezione che percepisce attraverso i molteplici strumenti percettivi che siamo 'noi'. Ognuno di questi strumenti è sentito come un'apparente entità, benché privo di qualunque esistenza reale individuale.

Se in noi stessi non siamo nulla, se non esistiamo come entità autonome, a chi è rivolto questo libro? La risposta, come ripeteva Nisargadatta Maharaj è: la coscienza universale parla alla coscienza identificata.

Un oggetto o un evento non esistono indipendentemente dal nostro percepirli.

Posso anche credere che l'intero universo sia un sogno e che tutti gli esseri umani e tutti gli altri esseri senzienti siano personaggi onirici all'interno di questo sogno, ma finché l'io si considera un `rne stesso' esterno al sogno, non sono più vicino a risvegliarmi.

Da questa visione sorge l'atteggiamento sereno di rispettosa fiducia nella natura e nell'uomo, atteggiamento illustrato dall'aneddoto di un contadino a cui scappò il cavallo: quando i vicini vennero a dolersi per lui, disse: "Sfortuna? Chi può dirlo?". L'indomani il cavallo tornò portando con sé sei cavalli bradi. I vicini corsero a congratularsi per la sua fortuna. "Fortuna? Chi può dirlo?". il giorno dopo, il figlio del contadino provò a montare uno dei cavalli bradi, cadde e si spezzò una gamba. I vicini tornarono a commiserare la disgrazia, ma il contadino disse: "Disgrazia? Chi può dirlo?". L'indomani giunsero al villaggio i reclutatori dell'esercito e presero tutti i giovani, ma scartarono il figlio del contadino a causa della gamba rotta. Ai vicini che commentarono: "Alla fine tutto si è risolto per il meglio", il contadino rispose: "Chi può dirlo?".

La presunta volontà del presunto individuo è irrilevante. Il cosmo è unità implicita che si manifesta come dualità esplicita.

Tutto ciò che accade è il prodotto di azioni passate, della volontà divina e di altri fattori. Riguardo al libero arbitrio, c'è solo fintantoché è presente il senso di essere gli autori delle azioni; quando esso cessa, sarà la volontà divina a essere vista come il motore del corso degli eventi.

Tutto ciò che questo corpo deve fare e sperimentare era già deciso quando è venuto in esistenza.

"Ci sono solo due modi per sconfiggere il destino o rendersene indipendenti. Il primo è chiedersi chi riguarda questo destino e scoprire che solo l'io è legato al destino, e non il Sé, e che l'io non esiste. L'altro è uccidere l'io arrendendosi completamente a Dio

Esaminando il problema della volontà o della libera scelta sarebbe più saggio limitare il nostro ruolo nel processo decisionale a quello di un semplice testimone!
La prima linea divisoria tra il 'se" e il 'non sé' è quella che separa un organismo dal mondo circostante: la pelle.

Il corpo ha la stessa natura di una cosa posseduta, ma il suo possessore non è l'illusorio 'io' concettuale, bensì la coscienza impersonale che, in seguito all'identificazione con l'organismo individuale, ha perduto la sua universalità assumendo un aspetto personale. In realtà, ciò che si considera in schiavitù e cerca la liberazione non è l'illusorio 'io' concettuale, ma la coscienza stessa che vuole deporre l'aspetto personale e ritornare all'universalità impersonale.

...Con l'adolescenza la frattura è così totale che l'individuo pensa di essere soprattutto la mente. Il corpo è visto come una mera appendice, nostro "fratello asino", come lo chiamava san Francesco, utile soltanto a spostarsi nel mondo. è sempre a causa di questa dicotomia che abbiamo la durevole sensazione che le nostre decisioni e azioni siano dettate da una minuscola creatura che vive nel cervello. Ma, appena si prende coscienza che ciò che siamo è la coscienza universale (che fa muovere come marionette tutti i meccanismi psicosomatici...

Comprende che la causa della sua infelicità non è nel mondo esterno, come gli piace credere, ma in se stesso.

L'io deve scomparire. Quando la mente si arrende, la coscienza personale comprende di essere la coscienza universale, che è il vero significato dell'illuminazione. La vera resa della mente comporta quindi la comprensione che l'individuo (con tutti i suoi aspetti mutili) non è mai esistito se non come costruzione mentale nella coscienza; esso non ha mai avuto alcuna indipendenza o autonomia, e l'organismo è un oggetto come qualunque altro nella manifestazione fenomenica,

Il primo movimento di questa trasformazione è un profondo senso di insoddisfazione nei confronti della vita. che il vedanta indica come 'distacco'. Questo sentimento viene interpretato dai professionisti della psiche come “disadattamento”.

Questo distacco, questa profonda insoddisfazione per la vita, è il momento in cui la coscienza personale si volge all'interno, è il punto di non ritorno nella ricerca della sorgente.

Con la fine dell'io, la comprensione suprema sorge spontaneamente, naturalmente e istantaneamente. Il distacco, nato dalla sofferenza che la persona stessa ha prodotto, porta ad arrendersi a ciò che è “qui e ora”. Passato e futuro cessano di avere significato, perché ci si arrende al momento presente.

La vera resa presuppone la comprensione dell'impotenza dell'individuo a causa della sua illusorietà (e quindi dell'illusorietà dei confini) e porta alla liberazione da ogni confine.

In realtà sei la Pura Coscienza, per tua stessa natura. Non sminuirti considerandoti da meno.

All'inizio la pratica dell'indagine sul Sé è forzatamente un'attività intellettuale, ma presto la percezione intellettuale dell'io lascia il posto a un'esperienza soggettiva totalmente disidentificata dagli oggetti e dai relativi pensieri.

La realizzazione del Sé è sempre improvvisa, anche se non si presenta necessariamente come un fenomeno eclatante. Forse, la sua caratteristica più evidente è la totale assenza di dubbi, poiché dubbi e problemi esistono solo a livello della persona, dell'individuo, e mai al livello della totalità. Dove non ci sono dubbi non c'è nemmeno senso di colpa: tutto ciò che accade è parte del funzionamento della totalità.

La liberazione è percepita non come un fatto personale, ma come un evento all'interno della totalità. Chi è legato da chi e chi libera chi?

Questa assenza di coscienza nel sonno profondo o sotto sedazione è solo temporanea, e corpo e mente continuano a esistere e ad agire come entità individuali illusorie. Alla morte il corpo muore, ma il condizionamento mentale sotto forma di pensieri, desideri, ambizioni e così via rimane nella totalità della mente interna alla coscienza e, a un certo punto dello sviluppo della totalità del funzionamento, produrrà un altro apparato psicosomatico. Ma se la concettualizzazione cessa del tutto e ciò che è viene percepito chiaramente, l'esistenza di un corpo fisico diventa irrilevante e non c'è più rapporto tra la mente, il corpo e i sensi. Il meccanismo psicosomatico si occupa allora dell'equilibrio della propria esistenza come parte del funzionamento totale, senza alcuna illusione di volontà propria.

Il fatto è che la coscienza, limitandosi da sé in un meccanismo corpo-mente individuale, dimentica la propria universalità e, diventando suscettibile di concettualizzazione, prende il nome di mente. La natura dell'indagine sul Sé non è sempre compresa con chiarezza; l'indagine "Chi, o che cosa, sono io?" è la ricerca della sorgente dell'io. È questo sforzo-senza sforzo che conduce all'appercezione della verità. Lo scopo non è quello di riempire la mente con altri pensieri come "io non sono questo corpo", perché l'indagine sul Sé inizia appunto quando l'analisi intellettuale finisce.

L'indagine sul Sé è molto diversa dall'introspezione psicologica, perché non è affatto un processo mentale. L'introspezione è l'analisi dei contenuti della mente, mentre il fine dell'indagine sul Sé è la scoperta del Sé al di là della mente. Il Sé è la sorgente da cui sgorga la mente, l'io; e l'indagine sul Sé, che va alla ricerca della sorgente dell'io che crede di essere in schiavitù e cerca la libertà, conduce alla comprensione della nostra vera natura.

Il sogno della manifestazione fenomenica sorge nel vuoto fenomenico, vuoto che non è un nulla morto, ma una pienezza brulicante di potenzialità. Da ciò che è 'in potenza' nell'ignoto (cit-àkàsa) si produce il noto che è 'in atto' (mahad-àkasa). Se ne prendiamo coscienza ci godiamo l'immensa burla della lila fenomenica; altrimenti la 'vita' diventa l'infelicità del samsara. Non c'è vera differenza tra lo stato di veglia e quello di sogno, salvo che il primo sembra più stabile del secondo; ma i contenuti di entrambi gli stati e le sofferenze vissute sono di natura simile. Il punto fondamentale è che, mentre sogniamo, il sogno è considerato reale come lo stato di veglia e quindi altrettanto stabile, e solo al risveglio capiamo che quello che consideravamo il nostro stato di veglia era soltanto un nostro sogno. Allo stesso modo, solo con il 'risveglio' dell'illuminazione avviene la comprensione che il mondo di veglia è solo un lungo sogno. L'apparente stabilità del mondo di veglia è illusoria quanto quella del sogno, perché quello che al risveglio si riconosce come un breve momento di sogno, durante il sogno può sembrare lunghissimo o durare tutta una vita. Anche il corpo che appare nel sogno sembra molto reale e le sue sofferenze sono realmente dolorose. Allo stesso modo, in quello che consideriamo lo stato di veglia, ciò che appare come un corpo realmente solido e le sue sofferenze sono in realtà un'illusione prodotta da una disposizione mentale, da un movimento insito nella coscienza. Quando si prende coscienza che il mondo, che sembra così reale, è un riflesso della nostra vera natura, tutte le paure e le illusioni scompaiono. I concetti di schiavitù e liberazione sono mere modificazioni mentali che, prive di esistenza indipendente, non hanno neppure un funzionamento autonomo. Ma il fatto stesso di essere modificazioni suggerisce che deve esserci qualcosa qui e ora, qualcosa di autonomo e indipendente, un sostrato che ne costituisce la sorgente e il fondamento. L'indagine sul Sé rivela che i concetti di 'schiavitù' e 'liberazione' sono relativi a me e che questo 'me' è un mero concetto. Quando il 'me', ossia l'io, scompare, rimane il sostrato di tutte le cose manifeste, di tutti i pensieri e tutte le attività. Quando la mente è continuamente rivolta alla sorgente, senza esteriorizzazioni né oggettivazioni, la viva realizzazione di questa verità suprema, di questa realtà, sorge in modo naturale e spontaneo.

Una parte essenziale dell'indagine sul Sé è che non si tratta di un metodo ristretto a un periodo fisso di meditazione, cosa che potrebbe dare la sensazione di un 'compito a casa' spirituale, ma di qualcosa che va esteso gradualmente a tutte le ore di veglia sino a diventare ciò che sottende tutti i pensieri e tutte le azioni. L'indagine sul Sé non è un esercizio attivo come una sadhana, quanto un processo passivo che lascia che la mente sprofondi, acquietata grazie alla ricerca della sua sorgente. Può iniziare da una seduta meditativa a orari prestabiliti, ma più l'indagine si approfondisce e più si risveglia la sua natura di corrente sottostante, allargandosi a poco a poco a tutte le attività senza essere intrusiva e senza inserirsi a forza in esse. Questa costante consapevolezza del funzionamento della mente assume in ultimo la forma del testimoniare ciò che accade senza scegliere né giudicare. I pensieri intrusivi vengono recisi al loro apparire: in questo modo la concettualizzazione è stroncata sul nascere e l'attenzione non frammentata è tutta sull'attività in atto, con il risultato di una sempre maggiore efficienza e una sempre minore interferenza da parte dell'io. Questa è la vera meditazione praticata in tutte le attività quotidiane.

La coscienza è priva di forma e priva di nome. C'è soltanto coscienza: tutto ciò che sembra diverso dalla coscienza non è nient'altro che coscienza. Non si può prender coscienza di colui che vede finché ci si considera un oggetto e non si può comprendere la natura del Sé finché è considerato un oggetto l'intero universo. Il motivo è che, finché la dualità non è vista per quello che è, cioè un mero strumento per percepire e apprendere la manifestazione fenomenica, e non come una realtà in sé, persisterà la divisione soggetto-oggetto e non si potrà comprendere l'unità della coscienza.

Solo abbandonando la separazione tra ciò che vede e la cosa vista si comprende che ciò che vede e la cosa vista sono due elementi necessari e interconnessi della funzione del vedere

Qualunque sforzo prodotto dall'entità illusoria conduce alla frustrazione. Solo lo sforzo privo di sforzo (il testimoniare passivo) sulla via senza via (il puro conoscere senza un io che conosce) può condurre allo scopo senza scopo (Quello che è sempre stato presente qui e ora). La questione di quanto lo sforzo di un uomo sia in relazione alla nascita del distacco che conduce alla grazia divina, la quale immette a sua volta sul 'sentiero' della liberazione, è stata sempre molto dibattuta. I maestri affermano che senza sforzo non si ottiene niente, ma nello stesso tempo sostengono che quello che è destinato ad accadere accadrà. Servono a qualcosa sforzo e preghiera? Oppure dobbiamo rimanere inattivi? In realtà, queste affermazioni apparentemente contraddittorie dei maestri significano che proprio il senso 'io faccio' è l'impedimento. Se siamo destinati a fare qualcosa non potremo evitarlo, in qualche modo verremo costretti. Non sta a noi decidere di fare o non fare, perché l'individuo non possiede una volontà autonoma e indipendente. La schiavitù, o l'ostacolo all'illuminazione, non è lo sforzo, ma il senso di essere l'autore delle azioni: ecco il messaggio dietro l'apparente contraddizione dei maestri che in genere sembrano seguire in teoria la predestinazione e in pratica la libera scelta.

Forse il puzzle va a posto da solo se Io guardiamo dalla prospettiva della totalità del funzionamento, tramite cui si dispiega il 'grande disegno'. Qualunque evento avvenga in un particolare apparato umano, incluso quello che prende il nome di 'illuminazione', è scritto nel canovaccio di questa rappresentazione che è la vita. Il processo che, attraverso l'evoluzione spirituale, culmina nel fenomeno dell'illuminazione può essere analizzato e suddiviso teoricamente in sette stadi. Il primo stadio è la considerazione che i piaceri materiali sono instabili e transitori, seguita dall'inizio della ricerca di una felicità più stabile e durevole. Di qui nasce il processo dell'indagine sul Sé, che può includere anche la ricerca e l'associazione con uno o più guru. A questo punto sorge un forte senso di distacco grazie al quale la mente diventa più sensibile, più sottile e più trasparente. In seguito a questi tre stadi nasce un distacco ancora più profondo, un naturale allontanarsi dagli oggetti dei sensi e un volgersi ancora più risoluto verso la nostra vera natura. Questo volgersi verso la verità si installa sempre più saldamente nella psiche e, nel quinto stadio, allunga le radici in direzione del vero Sé. Il sesto stadio compare quando la mente, ormai profondamente radicata nel Sé, cessa di concettualizzare e di oggettivare, e il mondo delle apparenze è visto come un riflesso del vero Sé. Nel settimo e ultimo stadio si vive sempre nel momento presente (stato noumenico), senza alcun senso di essere l'agente delle azioni, come una foglia trasportata dal vento. E' lo stadio della trascendenza, in cui tutto è spontaneo, naturale e indiviso. Come un attore incarna personalità diverse in un'ampia gamma di ruoli, anche la mente crea vari stati di coscienza, quali la veglia e il sogno, e fa esperienza di ciò che oggettivizza. La mente non è altro che la concettualizzazione, il pensiero; ma, se aderisce saldamente a `ciò che è', pensiero e oggettivazione cessano e rimane unicamente la Realtà. Non avviene mediante Io sforzo, ma solo come risultato di una perfetta comprensione e di una convinzione altrettanto profonda. "La comprensione è tutto". La comprensione e la convinzione producono l'appercezione di ciò che è. Allora la coscienza, che si identificava erroneamente con il corpo inerte, riconosce la propria universalità e l'identificazione ha termine. Ciò non richiede nessuno studio delle scritture, disciplina o pratiche meditative, ma soltanto la percezione profonda, spontanea e immediata di ciò che è, del fatto che la totalità della manifestazione fenomenica è l'espressione oggettuale del noumeno soggettivo. L'entità individuale è irrilevante, inesistente. Allora la mente è risanata nella sua pienezza e santità. L'ignoranza, il condizionamento mentale, produce un flusso incessante di oggetti fenomenici con il processo dell'oggettivazione, ma solo finché non nasce la naturale aspirazione alla conoscenza del Sé attraverso il distacco. L'ombra rimane davanti a noi solo finché voltiamo le spalle al sole.

L'ignoranza crea il sogno vivente, e perverte esperienze e rapporti trasformandoli in dualismo; ma, nel momento in cui avviene la comprensione della vera natura della manifestazione fenomenica, che è stata paragonata al figlio di una donna sterile, l'ignoranza viene smascherata e annullata. Quando l'acqua smette di scorrere, il fiume si prosciuga; quando il dualismo dell'ignoranza cessa e la concettualizzazione finisce, c'è assenza fenomenica e presenza noumenica.

L'ignoranza scompare non appena si comprende che tutto ciò che esiste è l'infinita coscienza universale. Tutte le manifestazioni fenomeniche sono apparizioni nella coscienza, simili a riflessi in uno specchio, e quindi illusorie. Esiste solo coscienza, che può essere definita attraverso il pronome di prima persona 'Io'.

La montagna non si preoccupa della nuvola che l'avvolge; allo stesso modo l'Io (l'infinita coscienza universale) è totalmente indipendente da dolore e felicità, anche se sembra esservi associato. L'Io è indipendente dai sensi, che entrano in contatto con i rispettivi oggetti senza esservi obbligati da alcun condizionamento precedente. Pensare: "Sto vedendo questo" o "Sto sperimentando quello" è ignoranza, illusione. Se c'è questa comprensione, le azioni avvengono in modo naturale e spontaneo, senza essere macchiate da passate impressioni conservate nella memoria. È così che l'agire è vero non agire, che non è un non fare nulla, come invece spesso si crede. In realtà la coscienza non può subire nessun condizionamento, perché è infinita e più sottile del sottile.

La comprensione può non essere seguita da uno scoppio incontenibile di gioia. Ad esempio, si narra che dopo l'illuminazione il Buddha rimase seduto in completo silenzio per sette giorni, pensando: “coloro che sono destinati a comprendere comprenderanno anche se non pronuncio una sola parola, coloro che sono destinati a non comprendere non comprenderanno anche se parlassi incessantemente, coloro che sono destinati a comprendere comprenderanno attraverso qualche parola o qualche evento anche insignificante, coloro che stanno per risvegliarsi dal sonno si risveglieranno al più piccolo suono o alla brezza più lieve, mentre altri non si risveglieranno nemmeno se venissero scossi con violenza. “

Un corollario diretto di questa comprensione fondamentale è il fatto ugualmente innegabile che il desiderio di 'liberazione' dalla schiavitù di questa vita nasce spontaneamente in modo diverso da individuo a individuo. Qualcuno può essere profondamente interessato a scoprire il vero Sé, mentre un altro può averne un interesse superficiale e sporadico. Infine, un terzo tipo può non avere nessun interesse perché è attratto solo dalle cose materiali e dai piaceri sensoriali. La comprensione suprema include la convinzione che nessuno di questi tre tipi è da lodare o biasimare, perché per nessuno di essi si tratta di una scelta. Ogni tipo occupa una certa posizione nell'evoluzione spirituale all'interno della totalità del funzionamento, posizione determinata al momento del concepimento quando lo spermatozoo paterno si installa nell'ovulo materno. Occorre comprendere con chiarezza che nessuna volontà o decisione può indurre cambiamenti sostanziali, a meno che, ovviamente, anche questo non faccia parte del grande disegno della totalità del funzionamento. Senza la comprensione di questo punto, il senso di essere i responsabili delle azioni non farà che rafforzare l'io e rendere molto più difficile l'evento dell'illuminazione. Ma anche questa comprensione è parte del funzionamento totale! II tema della volontà e dello sforzo personale è estremamente sottile e di non facile comprensione; ciò nonostante è assolutamente necessario non solo capirlo intellettualmente, ma interiorizzarlo in tutto il nostro essere. Come ho già detto, il problema sembra derivare dal fatto che i maestri insegnano in teoria la predestinazione e in pratica il libero arbitrio. Ma questa apparente contraddizione è facilmente risolvibile se si tiene a mente il concetto di evoluzione spirituale trattato in precedenza. La totale illusorietà dell'individuo e del suo presunto sforzo è facilmente comprensibile da chi si trova già sul ciglio dell'illuminazione, mentre chi è più in basso sulla scala accetterà con maggiore facilità i concetti di sforzo, determinazione e concentrazione.

Scomparendo l'illusione, anche la sete di piaceri sensoriali scema gradualmente. Così come sappiamo che il ritratto di una bellissima donna, per quanto vivo e realistico, non è la donna, capiamo anche che i piaceri sensoriali, per quanto sembrino piacevoli, non danno pace e felicità durevoli.

"IO SONO" - CONTE DI SAINT GERMAIN

"IO SONO" - CONTE DI SAINT GERMAIN
estratti

Sii Calmo! E sappi: Io - Sono - Dio 

In tutta la tua ricerca, in tutti i tuoi sforzi, abbi fede in Me, nel tuo vero Sé interno, e non essere impaziente di ottenere dei risultati; poiché essi sono in mia custodia e io ne avrò cura. I dubbi e l'impazienza sono soltanto della tua personalità e, se tu permetti loro di persistere, essi ti condurranno all'insuccesso e al disinganno.

Che cosa esiste, dunque, tranne questo grande Io? Ma tu domandi: «Non è dunque consentita a me nessuna individualità?». «No, non c'è nulla, assolutamente nulla che non sia una parte di me, dominata e retta eternamente da me, l'Una Realtà indefinita.» Quanto alla tua cosiddetta individualità, essa non è altro che la tua personalità che cerca ancora di conservare un'esistenza separata. Ma ben presto tu conoscerai che non esiste individualità separata dalla mia individualità e che ogni personalità svanisce nella mia divina impersonalità. Tu raggiungerai presto quello stato di risveglio in cui potrai avere un barlume della mia impersonalità e allora non desidererai più per te alcuna individualità, alcuna separazione; poiché avrai compreso che essa è solo e ancora una illusione della personalità

Occorre soltanto che egli realizzi coscientemente che io, il Sé imperante dentro di lui, di continuo dirigo, domino e uso la coscienza di tutti gli organismi, in ogni momento, in ogni giorno della loro vita. E io faccio questo per mezzo del suo pensiero; io lo faccio per mezzo dell'organismo dell'uomo. Egli crede di pensare; ma sono io, il suo Sé reale, che penso per mezzo del suo organismo. E per mezzo dell'atto di pensare, io compio tutto ciò che compie l'uomo e faccio dell'uomo e del suo mondo ciò che sono.


Non importa che l'uomo e il suo mondo non siano ciò che egli suppone. Essi sono precisamente come io li ho creati per il mio scopo.


Ma tu dirai: se è sempre questo solo «Io» che pensa, l'uomo non pensa e non può pensare. Sì, questo sembra un mistero, ma ti sarà svelato, se tu osserverai attentamente quanto segue: poiché io insegno ora a te, uomo, come pensare. 


Pensare è creare

Tutte le cose influiscono su di te solo in quanto tu le pensi e dai loro il potere di turbarti o tediarti. Se tu cessi di pensare che esse abbiano questo potere, ti volgi dentro a me e mi permetti di dirigere il tuo pensiero, esse spariranno immediatamente dalla tua coscienza e si dissolveranno nel nulla, da cui tu, pensandole, le hai tratte. Quando tu sarai disposto a fare questo, solo allora sarai pronto a riconoscere la verità e, per mezzo di un pensare cosciente diretto da me, a creare al loro posto le cose vere e permanenti che io, dentro, desidero che tu crei. 


Sappi innanzitutto che io, il Creatore, sono il Pensatore originario, l'Uno e l'Unico pensatore. Come è stato detto prima, l'uomo non pensa. Sono io che penso per mezzo del suo organismo. L’uomo crede di pensare, ma prima d'essersi svegliato alla realizzazione di me dentro, egli non fa che prendere i pensieri che attraggo a lui o ispiro alla sua mente. Ingannandosi intorno al loro reale significato e al loro scopo, egli costruisce su di essi un edificio personale e, con i desideri egoistici così suscitati, crea da se stesso tutti i suoi affanni, tutti i suoi guai.

Ma tutti questi apparenti errori, questi concetti falsi, questi intralci, sono in realtà soltanto ostacoli che io metto sulla sua strada perché li superi e perché, appunto nello sforzo di superarli, egli sviluppi alfine un corpo e una mente forti e capaci di esprimere perfettamente e coscientemente questa mia idea, che agisce eternamente nella sua anima.


L’uomo è dunque soltanto l'organismo che io preparo per potere, attraverso dì esso, manifestare la perfezione della mia idea. Egli fornisce la personalità, con il suo corpo, la sua mente e il suo intelletto, per mezzo dei quali io posso esprimere questa idea, e il cervello fisico con cui io posso pensarla in manifestazione esterna


Quindi Parola, nella precedente citazione, significa Idea; un'idea latente, non manifestata, che aspetta di essere espressa o pensata in una forma o in un'altra.

La Parola che era in principio e che era con me, era quindi non solo un'idea, ma la mia idea di me stesso in espressione in un nuovo stato e condizione che tu chiami vita terrena.
Questa idea era Io, perché era parte di me, essendo ancora latente e immanifesta dentro di me, poiché era la sostanza, essenza del mio Essere, che è esso stesso un'idea, l'Idea Una, originaria.
Tutte le cose furono fatte da me per mezzo dell'azione vitalizzante di questa mia Idea, pensata in espressione; nulla nella vita terrena fu o potrà mai essere espresso senza avere la mia Idea come causa prima e fondamentale, come principio del suo essere. Questa mia idea è ora in processo di sviluppo, ossia d'essere pensata in espressione esterna; alcuni chiamano evoluzione questo processo. 


Essere è espressione. Non si può immaginare esistenza senza espressione. Quindi io, tutto ciò che è, sto continuamente esprimendomi. Esprimendo che cosa? Ma se io sono tutto ciò che è, che cos'altro potrei esprimere se non me stesso?


Qualunque idea, una volta nata nel regno della mia mente, diviene immediatamente, come ti ho mostrato, una realtà, poiché nell'eternità del mio Essere il tempo non esiste. In te, però, l'idea crea prima il desiderio, il desiderio di esprimere quell'Idea; poi il desiderio obbliga a pensare; il pensiero promuove l'azione e l'azione produce risultati, cioè l'Idea in effettiva manifestazione esterna.

Ma io non ho desideri, perché io sono tutte le cose, e tutte le cose vengono da me. Io non ho che da pensare per produrre risultati. Pure quel desiderio che tu senti viene da me, perché è nato dalla mia Idea, che io seminai nella tua mente solo perché potesse manifestarsi per mezzo tuo. Invero qualunque cosa tu desideri è solo la mia idea che preme in te per esternarsi.


Ciò che in me ti potrebbe sembrare un desiderio di esprimersi, è solo la necessità della mia Idea di me stesso di Essere, cioè d'esprimere se stessa. Perciò, ogni vero desiderio tu senta, esso deve necessariamente, una volta o l'altra e in qualche modo, essere adempiuto.


Ciò che nelle personalità umane è chiamato desiderio, non è che l'azione necessaria della mia volontà, che spinge la mia Idea a esprimersi in manifestazione esterna, cioè in esistenza 


Nell'Eterno non vi è tempo, né spazio, né individualità ed è solo per il fenomeno del pensiero, nato dalla matrice della mente nel mondo della materia, che sorgono le illusioni del tempo, dello spazio e dell'individualità e che il pensiero, cioè la Creatura, consegue la coscienza della separazione dal suo pensatore o creatore 


Io non ti descriverò dettagliatamente come e perché divenne necessario che io cacciassi fuori dal Giardino dell'Eden te, ora uomo, o Umanità; ti ricorderò solo la parte che il desiderio ha nell'espressione terrena e la sua relazione con la mia volontà.

Una volta che tu avrai risolto e compreso, almeno in parte, la ragione di questo, allora, forse, tu capirai la necessità della caduta della tua coscienza (cioè di quella dell'Umanità) in un sonno profondo (essendo tu prossimo alla fine di un altro ciclo, detto giorno cosmico) e di trovarti, al tuo risveglio, non più esternamente uno ma due; una parte attiva, pensante, aggressiva, chiamata poi uomo, e una passiva, sensitiva, ricettiva, una matrice umana, ossia una donna. E capirai pure la necessità che qualche influenza terrena venisse ad attirare la tua coscienza dalle delizie puramente celestiali a questa nuova condizione, perché tu potessi concentrarti sulla tua missione terrena, ossia sulla tua espressione mortale. Comprenderai la Sapienza che generò questa influenza prima nella tua parte passiva, sensitiva e ricettiva, per mezzo del serpente della suggestione (forma che io feci assumere alla mia Idea nella tua mente) e come nacque così il desiderio, l'agente mortale della mia volontà, che doveva fornire l'energia motrice per l'ulteriore e completa espressione dei miei attributi sulla Terra. E finalmente la necessità che il desiderio gettasse su di te (sull'Umanità) il suo incanto; che la tua natura celeste e impersonale fosse tenuta da parte, come in sospeso, finché, per mezzo del libero ma ignorante uso del mio volere, tu potessi gustare e mangiare interamente il frutto del cosiddetto Albero della Scienza del Bene e del Male, e imparare, così, a discernere e conoscere bene quei frutti, per ciò che sono realmente, e ad acquistare la forza necessaria ad usare la scienza, in tal modo acquisita, saggiamente e perfettamente e solo per l'espressione della mia idea. Tu puoi, forse ora, similmente comprendere come gli occhi tuoi (dell'Umanità) si aprirono alle cose della terra non appena assaggiato questo frutto e alla conseguente conoscenza del Bene e del Male; come in seguito a ciò sparisse la conoscenza della Realtà che è dietro di essi e come e perché tu ti accorgesti di essere nudo della tua parte pensante e di quella sensitiva e anche perché tu avesti paura.


Ora forse tu puoi capire perché tutto ciò dovesse accadere: perché tu, Umanità, dovessi lasciare lo stato edenico della coscienza impersonale e perderti completamente in queste condizioni terrene per divenire capace di creare un corpo e sviluppare in esso una coscienza personale, un sé atto a esprimere pienamente la mia perfezione. Così nacque la tua personalità umana e dalla sua nascita in poi io ti ho spinto a nutrirla, mantenerla e rinforzarla, riempiendoti di brame, di speranze, di aspirazioni, di tutte le varie manifestazioni del desiderio; le quali sono soltanto gli aspetti umani della mia volontà, operante a preparare e sviluppare uno strumento capace di esprimere perfettamente i miei attributi sulla Terra 


Man mano che la mia Idea si sviluppava, dopo la tua espulsione dall'Eden, tu – uno dei miei attributi divini, dimorante dentro la mia Idea di tale attributo in espressione, Idea dimorante a sua volta nell'immagine-pensiero di me stesso e manifestantesi finalmente all'esterno nella forma terrena di parole, allorché ricevesti l'impulso della mia Volontà sotto forma di Desiderio a esprimere il mio Intento - tu, dico, cominciasti a «crescere e moltiplicare» rapidamente. 


Orbene, l'intelletto è una creatura del desiderio e completamente dominata da esso e non è, come altri suppongono, una facoltà dell'anima. In altre parole, quella nebbia era la torbida lente del tuo intelletto umano che, poiché dominato dal desiderio, rifletteva e faceva interpretare falsamente alla tua coscienza ogni immagine, idea o impulso che io ispirassi dall'interno o attirassi dall'esterno, durante il processo del risveglio che operavo nella tua coscienza, al riconoscimento della mia Idea interna sempre incalzante per esprimersi esteriormente. Tutto ciò io facevo appositamente, per mezzo del desiderio, per condurti coscientemente nel cuore delle condizioni terrene.

Mentre questa falsa visione, ispirata dal desiderio, cagionava molti errori, molto travaglio e molta sofferenza, tu, a poco a poco, perdevi la fiducia nel tuo vero Sé, in me, l'Uno Impersonale interno. Mi dimenticavi insomma, e così non sapevi più dove rivolgerti nella tua impotenza; eppure, se tu non avessi perduto la memoria del tuo stato divino e concentrata tutta la tua coscienza in queste condizioni terrene, io non avrei potuto sviluppare la tua mente, la tua volontà umana, tutte le tue facoltà e fornire al tuo corpo umano la forza e i poteri che mi avrebbero permesso di esprimere perfettamente sulla Terra la mia Idea divina. E ciò doveva essere


E tu, ricordalo, sei il grande Io Impersonale che fa tutto ciò, che muta continuamente l'apparenza esterna ma che dentro è eternamente lo stesso. Si! Io faccio questo attraverso di te perché tu sei parte di me, perché solo attraverso te, mio attributo, io posso esprimere me stesso, io posso Essere. Io sono perché tu sei. Tu sei perché io esprimo me stesso. Io sono in te come la quercia è nella ghianda. Tu sei me come il raggio solare è il sole. Sei una fase della mia espressione. Tu, uno dei miei divini attributi, cerchi eternamente di esprimere la mia perfezione per mezzo della tua personalità mortale. poiché tutte le menti non sono che aspetti della mia mente infinita, ossia le parti di essa manifestantisi in forme differenti di natura mortale. 


E soltanto questione di coscienza, di pensiero cosciente. Tu sei separato da me solo perché pensi di esserlo. La tua mente non è che un punto focale della mia Mente. Solo che tu lo comprenda, ciò che chiami la tua coscienza è la mia coscienza. Tu non puoi neppure pensare, e ancor meno respirare ed esistere, senza che la mia coscienza sia in te. Non lo comprendi? 


Che cosa hai a che fare tu, il Perfetto, l'Eterno, con incarnazioni passate o future? Può il Perfetto aumentare la sua perfezione? O l'Eterno uscire o tornare all'eternità? Io sono, e tu sei uno con me, e sempre fummo e sempre saremo. Il tuo Io sono dimora e si reincarna in tutti i corpi con l'unico intento di esprimere la mia Idea. L’Umanità è il mio corpo. In esso io vivo, muovo e ho il mio essere, esprimendo la mirabile luce della mia Idea per mezzo dei miei attributi, il cui celeste splendore è oscurato e distorto alla visione umana dalle miriadi di imperfette e offuscate facce dell'intelletto umano. Io e tu, che sei uno con me, ci reincarniamo nell'Umanità come la quercia si reincarna nelle sue foglie e nelle sue ghiande, una stagione dopo l'altra, e ancora nelle migliaia di querce che nascono dalle migliaia di ghiande e dalle querce che da esse verranno, una generazione dopo l'altra.


Intanto tu sei strettamente incatenato. La tua personalità, con i suoi desideri egoistici e con le sue egoistiche ricerche, è ancora legata mani e piedi al passato e cerca nel futuro la sua liberazione, dopo l'esaurimento di tutte le conseguenze delle sue azioni. Essa, domina la tua mente e il tuo intelletto, con la falsa credenza della nascita e della morte e che tale sia la tua sola via per l'emancipazione finale e per l'unione con me, impedendoti di riconoscere la nostra eterna e sempre presente unità e di comprendere che tu puoi liberarti in qualunque momento tu voglia. Poiché, soltanto la personalità nasce e muore, cerca e si sforza di prolungare il suo soggiorno nel corpo e nella vita terrena e poi di tornare ad altri corpi dopo che io non ho più bisogno di quello che ha. 


Sappi, però, che tutto ciò è vano e non porta i risultati che cerchi. Poiché la ricerca di un conseguimento spirituale è della personalità; è quindi egoistica e conduce solo alla delusione. 

Tu sei una personalità umana, ma sei anche divino e quindi perfetto. Tu credi la prima di queste verità, ma non la seconda. Eppure entrambe sono vere. Questo è il mistero. Tu sei precisamente ciò che pensi di essere. L’uno o l'altro? Quale sei tu? O entrambi? Tu sei uno con me; Io sono te, nella tua personalità umana, nel tuo corpo, nella tua mente, in ogni facoltà del tuo intelletto. Io sono l'anima, il principio attivo di ciascuno. E tu sei in Me. Tu sei una cellula del mio corpo, un attributo della mia mente, una facoltà del mio intelletto. Sei una parte di me, pure sei Io, il mio Sé.


La tua personalità umana è per te ciò che tu sei per la mia divina Impersonalità. Sei uno dei miei attributi mentali, uno dei miei divini poteri, una delle irradiazioni del mio volere, che io emano impersonalmente per compiere il mio intento. Sei un essere divino, il mio angelo di luce, una parte vivente di me che io ho emanato perché si manifestasse sulla Terra per esprimere impersonalmente la mia Idea. Può un angelo, un essere completamente impersonale, un attributo del mio volere, interessarsi di affari umani? No. Egli adopera soltanto la tua natura umana e i tuoi affari umani come canali per mezzo dei quali il mio volere può esprimere la mia Idea. 


Ma questo dimorare continuamente in me sarà difficile dapprima; poiché il mondo,la carne e il demonio sono ancora molto potenti nella tua coscienza. Ma a poco a poco tu ti avvezzerai ad adoperare i miei occhi impersonali e ben presto saprai scorgere nella realtà delle cose e anche nella realtà di questi apparenti Signori della Terra; allora troverai che dimori in un meraviglioso nuovo mondo popolato di Esseri angelici che usano i corpi di carne delle personalità umane soltanto come veicoli, o strumenti, o vesti per venire a contatto delle condizioni e delle esperienze terrene che essi hanno creato, allo scopo di sviluppare le qualità dell'animo necessarie alla perfetta espressione della mia Idea sulla Terra. Ai tuoi occhi non vi saranno più ombre, né mali, e quindi nessun demonio; poiché tutto è Luce, Amore, Libertà, Felicità e pace, e tu vedrai Me in tutto, e in ogni essere qualche attributo di Me. Non avrai che da lasciare il mio amore irradiare nel tuo cuore ed esso illuminerà per te il reale significato di quanto vedi. Allora avverrà il grande fatto: tu comprenderai d'aver trovato il Regno di Dio e di camminare in esso; che esso è proprio qui su questa Terra, che si manifesta dappertutto intorno a te e che tu hai vissuto finora in esso senza saperlo; che invece di essere al di fuori, in qualche luogo remoto, esso è dentro di te, dentro ogni altro essere, nell'intimo più recondito di tutte le cose manifestate. In altre parole, troverai che esso è la realtà di tutte le cose e che tutte le apparenze esteriori sono soltanto le ombre di questa Realtà, create dal concetto erroneo dell'uomo e dalla sua credenza d'essere separato da me. Trovato il Regno, tu troverai il tuo posto in esso. Comprenderai che sei, in verità, uno dei miei attributi divini, che il tuo lavoro era tutto stabilito per te fin dal principio, e che tutto quanto è accaduto prima è stato solo una preparazione, un adattamento della tua personalità a quel lavoro. E tutta la tua anima balzerà, pregustando la gioia di tornare, dopo tale lungo pellegrinaggio, alla mia casa, di entrare alfine nella mia Vita reale. Uno in coscienza con me e con altri tuoi Sé, tutti impegnati a elaborare l'ultima perfetta espressione della mia Idea sulla Terra. 


Se tu decidi di tentare di dimorare sempre in questa coscienza di Me e d'obbedire sempre a Me, non scoraggiarti se fallirai ignominiosamente alla prima occasione di provare la sincerità e la forza della tua risoluzione 


L’errore che tu commetti è di cercare di crescere «tu»


rivolgimi una domanda: poi, con tacita preghiera a me, perché Io ti rispondo, senza ansia, preoccupazione o interesse personale e con la mente perfettamente vuota, aspetta l'impressione che verrà. 


ascolta ancora una volta le mie parole che ti ho detto già molto tempo fa nel sermone della montagna:
«Perciò io vi dico: Non prendetevi pensiero dei domani, di ciò che mangerete, né di come coprirete il vostro corpo. Non è la vita più del cibo e il corpo più delle vestimenta? Guardate gli uccelli dell'aria; essi non seminano, né mietono, né raccolgono, pure il vostro Padre celeste li nutre. Non siete voi da più di essi? Chi di voi, preoccupandosi, può aggiungere un cubito alla propria statura? E perché vi date pensiero delle vostre vestimenta? Guardate i gigli del campo, come essi crescono; essi non s'affannano, né tessono; eppure Io vi dico che neppure Salomone, nel suo splendore, era abbigliato come uno di essi: perciò, se Dio veste cosi l'erba del campo che oggi è e domani è gettata nel forno, non vestirà egli molto di più voi, o voi uomini di poca fede? Non vi date dunque pensiero dicendo: che cosa mangeremo o di che cosa vestiremo? Poiché il vostro Padre celeste sa che voi avete bisogno di queste cose. Ma cercate prima il Regno di Dio e la Sua Giustizia; e tutte queste cose vi saranno aggiunte. Non vi date dunque pensiero del domani, poiché il domani penserà a se stesso. A ogni giorno basta la sua pena».


E se diviene a me necessario di togliervi le cose del mondo, perché voi possiate imparare la verità - che io sono la sola cosa importante nella vita, che io debbo essere il primo se voi veramente mi amate, io lo faccio, come il medico che, per portare il paziente alla salute, rimuove prima la causa della malattia, perché possiate conseguire la felicità e la prosperità reali e durature. 


Ma ora, se sei pronto e degno, tu puoi lavorare coscientemente con me e aspettare con gioia e anche con calma ogni nuova esperienza, sapendo che in essa sono contenute meravigliose espressioni del mio intento, che io voglio rendere del tutto chiaro a te, e che ti porterà in unione sempre più intima e amorevole con me. Così, tutte le esperienze saranno d'ora innanzi benedizioni, invece che prove o cimenti o effetti karmici di atti precedenti 


Nelle tue attività, di qualunque genere siano, tu non ti preoccuperai più del compito che ti si presenta e farai ogni cosa ti capiti, sapendo che è ciò che io ti richiedo. Persino nei tuoi affari tu troverai che Io sono presente. Sono Io, infatti, che ti procuro quegli affari, qualunque essi siano... perché mediante il successo o l'insuccesso, per mezzo della mancanza in te d'ambizione o di speciali abilità, io possa risvegliare il tuo cuore alla realizzazione di Me, l'Uno impersonale che risiede nell'interno; che ispira e dirige tutte queste cose che fai. Imparerai allora che i tuoi affari, il tuo lavoro, le condizioni della tua vita sono solo incidenti, ossia veicoli esterni che io scelgo e adopero per condurti attraverso ce..rte esperienze che io ritengo le più adatte a portarti a tale realizzazione. che tu senta che io ti accompagno al tuo ufficio, al tuo negozio, al tuo lavoro, qualunque esso sia, e mi permetta di dirigere i tuoi affari e i tuoi atteggiamenti, io ti dico in verità che quando tu avrai fatto
questo diverrai immediatamente conscio di un nuovo potere dentro di te, un potere che ti attirerà affari, denaro, amici e abbondanza di tutte le cose che ti occorrono; un potere che ti metterà in comunicazione con i più elevati regni del pensiero. 


Allora vedrai che tutte le condizioni in cui ti metto sono posti che ho scelto dove tu puoi meglio servirmi: poiché in tutti i posti e in tutte le condizioni c'è molto, molto da fare e che tanto più spiacevoli riescono alla personalità, tanto più c'è bisogno della mia presenza vivente. Dovunque tu sia allorché avviene il risveglio, qualunque sia stato il tuo allenamento, in affari, in una professione, in un lavoro manuale, nella chiesa o nel basso mondo, là è la tua migliore occasione di servire, poiché là tu conosci il modo di comportarti. 


Voi che siete stati vivificati, dovete divenire vivificatori. Voi dovete portare negli affari, nella professione, nel lavoro, nel mondo circostante, la mia presenza vivente; dovete aprire le porte dei cuori addolorati e ammalati e lasciare che la mia luce e il mio amore risanatore si riversino in essi. Voi dovete essere il lievito che farà lievitare la massa.